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Maggio 12, 2016

Come eravamo: the way we were #2

Pratobello

I ruderi che profumano di libertà. Siamo in territorio di Fonni, al confine con Orgosolo. Attraversando la strada provinciale numero 2 non si può fare a meno di notare uno sparuto gruppo di abitazioni divenute oramai ruderi. Né la chiesa, né lo stile architettonico aiutano a inquadrare bene la situazione. C’è un cartello nei pressi di un cancello d’ingresso al borgo, che riporta la scritta “Area smilitarizzata, limite valicabile”. Poi due murales, leggermente danneggiati dalle intemperie del tempo ma chiari da far presagire che qualcosa a Pratobello sia successo. C’è una storia affascinante che lega Orgosolo e i movimenti popolari sardi del dopoguerra. Ed ebbe luogo nel villaggio di cui parliamo.

Aprile 1969.

Tra le vie di Orgosolo inizia a spargersi la voce di una possibile occupazione delle aree al confine con Fonni da parte dell’esercito italiano per l’allestimento di un poligono di tiro. La povertà post bellica è ancora viva in paese, non tutte le famiglie potevano contare su una vita e un lavoro soddisfacente e, pertanto, l’allevamento del bestiame era l’unica vera fonte di lavoro. Forse una delle poche certezze per il futuro.

Qualsiasi avvenimento che minacciasse l’integrità del sistema agropastorale del tempo veniva vista di cattivo gusto. In questa occasione la questione si complicò seriamente. Venne presto data l’ufficialità: dal 19 giugno 1969, le truppe della Brigata Trieste avrebbero occupato l’area per realizzare un poligono di tiro. In poco tempo venne costruito un piccolo villaggio: case, chiesa, scuola e piazza; per i militari e per le loro famiglie.

In Sardegna, già dal 1956 vennero installati due grossi poligoni: Salto di Quirra e Capo Teulada. Pratobello sarebbe stato momentaneo, o forse no. Fatto sta che il circolo giovanile orgolese si fece promotore di un incontro pubblico in piazza Patteri a cui prese parte in massa la popolazione. Dall’assemblea ne scaturì la decisione di attuare una forma di protesta pacifica e non violenta contro l’esproprio delle terre dei pastori per favorire l’occupazione militare. L’assemblea del 7 giugno fu un chiaro avvertimento per le autorità militari. Circa tremila e cinquecento persone aderirono al progetto di protesta pacifica. Le cariche pubbliche, tra cui commissario prefettizio, Questura, Coldiretti, Cgil e vertici militari stessi provarono la via di un accordo che potesse accontentare tutti. I due principali partiti di allora, Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano, si fecero portavoce della delicata questione al ministro della difesa Luigi Gui e al sottosegretario Francesco Cossiga. La presa di posizione da parte dell’assemblea cittadina è chiara e laconica: il terreno di lotta dei pastori non è il Parlamento.
Dal 19 giugno ha inizio la prima delle sei giornate di Pratobello. Il convoglio di camion, motocarri e vetture di ogni genere parte dal paese e centra l’obiettivo di occupare l’area.
La polizia è accerchiata da circa 3000 persone che manifestano pacificamente. Il 20 giugno la storia non cambia. La folla avanza fino alle tende dei militari e per il secondo giorno le operazioni sono sospese.
I due giorni successivi sono di tregua: l’attenzione verso ciò che accade aumenta e diversi politici e onorevoli si recano sul posto.
La notte tra il 22 e il 23 diventa la più critica. Le forze dell’ordine disperdono i manifestanti con una vera caccia all’uomo. Alcuni manifestanti vengono portati in questura a Nuoro e processati per direttissima. Nonostante ciò la folla orgolese occupa l’area e le esercitazioni non vengono eseguite. Il giorno successivo circa 400 manifestanti vengono tenuti sotto scacco, uno di loro venne arrestato nel mentre che Pratobello è oramai un caso politico.
Una delegazione di politici, pastori e contadini venne ricevuta a Roma. Il 26 giugno, giornata chiave delle esercitazioni, la brigata Trieste si ritrova un’enorme folla all’interno del poligono. Proprio nelle stesse ore venne ratificato un documento dove il ministro della difesa prende posizione dichiarato che il poligono è un allestimento temporaneo ed andrà avanti fino alla metà di agosto. Non vi sarà alcuna intenzione di rendere permanente la base operativa.
Terminano così le sei giornate di Pratobello. Giornate in cui la forza popolare mise in grave crisi il governo e le istituzioni militari. Emilio Lussu, che seguì la vicenda in maniera appassionata scrisse: <>.

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