Sa domo de su Re: il nuraghe Santu Antine a Torralba
Frutto di dinamismo e grande sviluppo culturale, la civiltà nuragica ad oggi risulta ancora essere un complicato processo di studio e di riorganizzazione di materiali a disposizione.
Per poter analizzare e capire funzionalità, grandezza e importanza di questi monumenti megalitici è sempre utile avere una tabella cronologica della Sardegna antica a disposizione che permetta di immergerci direttamente in un determinato spazio temporale.
La distribuzione dei nuraghes (circa 7000 quelli censiti) si è appurato non essere casuale e già dagli studi iniziati nel XIX secolo si notò che sono raggruppati in catene di numero variabile con una alternanza di zone di addensamento e diradamento. Tutto ciò rivela l’esistenza di comunità policentriche gerarchiche, articolate in più nuclei cooperanti su diversi livelli:
I nuraghes venivano costruiti e gestiti con la collaborazione dei diversi nuclei appartenenti ad una comunità;
È per questo evidente che non tutti avevano una certa importanza, sia per le dimensioni e la complessità strutturale, sia per le caratteristiche e le risorse di ruoli che occupavano.
Possiamo dedurne che nessuno dei nuraghes può essere considerato singolarmente, ma va fatto un discorso di comunità e strutturazione. Per le genti nuragiche era molto importante la centralità nelle relazioni rispetto alle risorse e alle vie di comunicazione non essendo comunque chiaro se questa gerarchia strutturale-funzionale fosse accompagnata da una gerarchia sociale permanente.
Questa opportuna premessa ci consente di capire la maestosità e l’importanza che rivestiva il Nuraghe Santu Antine di Torralba e di tutte le strutture nei dintorni.
Ci troviamo nella cosiddetta Valle dei Nuraghi una piana contornata da modesti rilievi che comprende i territori del Logudoro e del Meilogu, che assunse questa denominazione nel XX secolo in quanto interessata da numerosi insediamenti facenti parte di un sistema organizzativo territoriale che aveva nel Santu Antine il suo riferimento.
Edificato in grossi massi di roccia basaltica, domina la conca del Campu Giavesu in un crocevia di importanti percorsi obbligati dal nord a sud dell’isola. Noto fin dalla fine del ‘700 è stato messo in luce con una prima indagine sistematica e scientifica dall’archeologo prof. Antonio Taramelli nel 1935. L’imponente mole di blocchi di basalto si riduce man mano che si sale, la struttura è murata interamente a secco e la sua torre centrale è attualmente alta 17 metri e ha un diametro di 15 metri. Si presuppone che l’intera struttura sia stata realizzata nelle fasi finali del Bronzo Medio e il suo intenso utilizzo nel Bronzo Recente e Finale, inquadrando comunque un contesto abitativo che va dal Bronzo Medio (XVI sec. A.C.) all’età del Ferro (IX sec. A.C.).
È un gioiello dell’architettura proto-sarda con mastio e bastione trilobato, un triangolo equilatero sul cui baricentro svetta la torre centrale, la cui altezza originaria superava i 25 metri.
Interni
La forma centrale è costituita da tre camere sovrapposte delle quali si conservano integralmente la prima e la seconda. All’interno della torre centrale vi sono tre aperture disposte a croce, ciascuna dotata di architrave con relativa finestra di scarico che mettono in comunicazione la camera con un corridoio anulare. Dal cortile è possibile accedere a due torri laterali poste ad est e a ovest e da qui nelle gallerie che convergono nella torre posta a nord.
Le lunghe gallerie-corridoio con copertura ad ogiva dotate di feritoie-prese di luce sono forse l’aspetto più significativo e monumentale del Nuraghe Santu Antine.
Esterni
Di fronte all’ingresso del nuraghe c’è la capanna delle riunioni con sedili e focolare. Attorno al nuraghe si sviluppa un esteso villaggio a cui si sovrappongono strutture rettangolari di età romana. Tutte le capanne nuragiche hanno per lo più pianta circolare con doppio paramento murario. Alcune capanne risultano molto grandi, tra i 7 ei 9 metri di diametro e presentano nello spessore murario delle aperture-feritoie (legate al bronzo recente e finale). All’interno delle 14 capanne circolari che ospitavano la popolazione del villaggio si conservano sedili, focolari, tramezzi, nicchie, stipetti che ne fanno ipotizzare la funzione
Storia degli scavi
1935 – Scavato per la prima volta dal Taramelli
1964 – 1966 ampliamento degli scavi e restauro – Guglielmo Maetzke
1983 – 1984 ulteriori scavi hanno evidenziato ulteriori elementi legati al bronzo medio e recente
1985 – Bafico e Rossi
2000 – Università degli studi di Sassari
2006 – 2009 lavori di restauro che hanno consentito di vedere nuovi lavori architettonici
⇒ Saremo lieti di potervi accompagnare in visita a questa meraviglia, ma se in caso ci andate da soli, ricordate di far riferimento alla Cooperativa Pintadera seguendo le info del sito web www.nuraghesantuantine.it
⇒ Senza dimenticare di visitare i siti che si trovano nei dintorni come:
Necropoli pre-nuragica di Sant’Andrea Priu a Bonorva;
Chiesa medievale di Nostra Signora di Cabu Abbas
Dolmen di Sa Coveccada